La Metastorica di Claudio Massini / Claudio Massini metatörténelme

Una mostra importante, di ampio respiro, quella di Claudio Massini alla Kunsthalle di Budapest, dal titolo "Metastorica". Circa cinquanta dipinti che compongono le tre sale a lui dedicate: "La stanza del mattino", "La stanza delle nasse celesti" e "La stanza rosso corallo", sono ad indicarci l'ancestrale senso della concertazione, l'idea di composizione, la passione e la purezza. L'incantamento e la condizione contemplativa, il sentire avverso all'ossessione dell'anima, alla multicomplessità dei sentimenti. In questi dipinti non esiste l'io come soggetto, non esiste l'autocelebrazione, bensì la costruzione di un'immagine che si contrappone a tutto ciò che cerca solamente di affermarsi e di "occupare spazio". In queste tre sale noi siamo come dentro ad un paesaggio in cui mai ci può essere conflitto, poiché le cose della natura non rappresentano quest'essenza. Per Massini la fruizione dell'opera deve esserci utile, deve arricchirci e gratificarci, stupirci di bellezza e non di mortificazioni. Autore napoletano, ma che vive e lavora a Treviso, nato nel '55 nel quartiere Stella, di fianco al Museo Nazionale, studia pittura all'Accademia di Belle Arti e sin dagli anni '70 dà inizio alla sua biografia artistica. Trasforma le strade di Napoli in studio d'artista, in territorio di ricerca, traendone un'energia particolare, che ancora oggi leggiamo nei suoi lavori. Le storiche gallerie di Lucio Amelio e di Beppe Morra sono il luogo dove lavorare, conoscere, crescere, imparare. Già dal '75 Massini viene invitato alla "X Quadriennale" al Palazzo delle Esposizioni di Roma e nel 1976 alla Biennale di Venezia. L'autore esprime la consapevolezza della forza dell'immagine pura; lo sguardo di quel presente avvolge tutte le cose in un unico groviglio: l'innocenza di un gioco, bambini che si rincorrono, occhi grandi e pieni di luce, fiori bagnati di rugiada. Tutto rappresenta il preludio dell'opera attuale, ogni particolare ora si ripete anche se in forma diversa. Uno sguardo universale dunque, che non si è fermato alla superficie: il sentimento assoluto che risiede all'interno dell'opera si è appropriato di questo grande sguardo e lo sottintende in ogni scelta. Questa visione del mondo (che Massini attua con grande capacità tecnica, oltre che lirica) passa dal presente, il tempo che elude le nostre attese, alla storia, intesa come termine di distacco dalla trappola temporale; e dato che al presente non possiamo rinunciare, non ci resta che abbandonarci alla trascendenza, all'esistenza dell'immaginazione come dato tangibile. L'arte ci permette di vedere le cose che abitano i nostri sogni. Emerge, a questo punto, in posizione quasi contraddittoria, il sentimento d'immanenza, parte fondamentale di tutta l'opera di Claudio Massini: la storia colta dalla storia; l'immagine che descrive la conoscenza, quanto permane attraverso il succedersi dei fatti con l'attenzione di interpretarli. I riferimenti, pertanto, si compongono in un unico nucleo, mentre la struttura dell'analisi viene indicata elemento per elemento, esaltando ciò che rimane costante nel continuo fluire degli eventi. Massini dipinge, quindi, per figurare l'elogio all'immaginazione, l'incitamento ad abbandonarsi alla visione più esaltante della fantasia, attingendo però dal riferimento concreto della conoscenza, e conducendo l'evoluzione del suo lavoro sempre più verso una ricerca, infinita, di perfezione formale, di purezza dei materiali, di affinamento della tecnica. Sin dal 1995 l'opera pittorica di questo autore aveva assunto una dimensione imponente, maestosa, preludio di continuità del suo grande sforzo realizzativo del futuro. La figurazione degli anni passati è però estremamente più stilizzata rispetto alle opere recenti, la stesura della superficie, già attuata per stratificazione del colore sulla tela posta orizzontalmente, viene ottenuta con calce e pigmento ed addizionata con tecniche particolari. I passaggi cromatici degli sfondi si sovrappongono, ma il soggetto diventerà un rilievo solamente in questi ultimi anni. Risultato evidente è che i contesti predeterminati sono pretesti, che ogni cosa è verosimilmente memoria di un'altra cosa, una sua particolare visione. Le citazioni immaginarie di luoghi mai visitati, credibilmente impossibili, ci lasciano intravedere l'evoluzione razionale della consapevolezza; pertanto, dopo aver sviscerato e analizzato la storia dell'arte, della letteratura, del mondo circostante, impostando codici per noi impensabili, l'autore purifica ogni traccia di riferimento per appropriarsene e renderla unica, per trarne l'inesorabilità, l'imponderabilità, la leggerezza che gli appartiene.
Questa sorta di bassorilievo ci rimanda alla sperimentazione scultorea rinascimentale, lo sfondo liscio, quasi specchiante, agli stucchi e ai marmorini delle ville venete settecentesche, le tonalità accese alla sua cultura d'origine, il "rosso" che spesso si ripete nella figurazione e in alcuni fondi, caldo come quello pompeiano. Tutti i riferimenti vibrano in queste tre "stanze", ed è tutto magicamente immobile, sospeso in un vuoto agravitazionale, nonostante la figurazione, nonostante la prospettiva; è tutto in attesa di un alito di vento, di un respiro che esca dalle nostre labbra schiuse e stupite, che faccia oscillare quegli strani lampadari, quei pendenti, quelle grandi nasse. È la decantazione, evoluzione seducente e normale insieme, che muove il problema, l'evento attende tutto il tempo necessario per assumere proporzioni più chiare, l'evocazione riflette i suoi contorni.
Massini si rivela un attento creatore di sorprese, di eventi imprevedibili, poiché è sempre leggibile la possibile, continua, mutabilità del progetto, talora ridondante, talora essenziale, ma assolutamente imparsimonioso. La luce ondeggia tra le gradazioni chiare e scure dei dipinti e tra le trasparenze delle opere che compongono "Metastorica": come le grandi gabbie trasparenti, dipinte tono su tono, a formare una pasta vitrea che ricorda i preziosi cammei della cultura orafa o delle pregiate porcellane inglesi. Sono in realtà "nasse", grandi custodie di "anime", che non sapremo mai se ondeggiano nell'aria o galleggiano mosse dalla torbida acqua di un fiume che scorre. Forse l'uno e l'altro, e anche questa è la sorpresa, poiché nell'arte contemporanea i veri attori siamo noi, che camminiamo in questi spazi evocativi, che ci immergiamo in questa luce colorata di memorie innate.

Alice Rubbini


Igen fontos, és nagy kiterjedésu Claudio Massini Metastorica (Metatörténelmi) címu kiállítása a Mucsarnokban. A múzeum három Massininek fenntartott Reggel, Kosár, Vörös Korall nevu "szobában" kiállított 50 kép, az osi igényt a megzenésítésre, a kompozíció ötletét, a szenvedélyt és a tisztaságot az igézetet, a szemlélo állapotot, a lélek gyötrodésével, az érzelmek multikomplexitásával szembeni érzést idézi.
Massini festményeiben nem létezik az én mint tárgy, nem létezik az önmutogatás, hanem egy olyan kép konstrukciója, amely szembeszáll minden olyannal, ami csak arra törekszik, hogy érvényesüljön és "teret foglaljon".
Ezekben a "szobáhban" úgy érezzük, hogy egy olyan tájban vagyunk, ahol soha nem lehet konfliktus, minthogy a természet dolgai nem mutatják ennek létét. Massini úgy véli, hogy a mu élvezetének hasznosnak kell lennie, gazdagítania kell, megelégedést kell nyújtania, szépségével, kell hogy elámítson bennünket, és nem ……
Claudio Massini 1955-ben született Nápolyban a Stella negyedben, amely a Nemzeti Múzeum mellett terül el, de Trevisoban él és dolgozik. A Nápolyi Képzomuvészeti Akadémián festészetet tanul, majd a 70-es évekbe elkezdi muvészi pályáját. Nápoly utcái jelentik számára a "mutermet", a kutatási területet, a rendkívüli energiaforrást, ezt a mai napig megfigyelhetjük. Lucio Amelio és GiuseppeMorra galériáj pedig a helyet , ahol dolgozik, ismereteket szerez, felno, tanul.
1975-ben meghívást kap a X. Quadriennálé bemutatóján Rómában a Palazzo delle Esposizioniba, majd részt vesz az E. Crispolti által megrendezett 1976-os Velencei Biennálén.
Az alkotó tudatában van a tiszta kép erejének, a jelennek a látása mindent egyetlen kusza egységbe fog: ártatlan játékok, egymást kergeto gyerekek, nagy szemek ès fénnyel teli tekintetek, harmatos virágok. Mindez bemutatja már az aktuális muvek elokészítését. Minden egyes részlet újra elobukkan késobb, még ha más formában is.
Ez a látás a várakozásainktól, elvárásainktól eltéro jelenbol eljut a történelembe, s ezzel elszakad az idoleges, a pillanatnyi csapdájától. És miután a jelent nem kerülhetjük ki, nem marad más hátra, mint ráhagyatkozni a transzcendenciára, a képzelet létére, mint megérintheto dolgokra. A muvészet által betekintést nyerünk azokba a dolgokba, amelyek csak álmainkban élnek. Elotör tehát az "immanencia" érzése az, ami Massini muvészetének alapeleme: a történelmet a történelembol fogja fel; a kép, amely az ismeretet írja le, az, ami megmarad a dolgok folyamatos történése során az interpretáció tökéletessége által. Az utalások egyetlen csomóban katalizálódnak, azlemzés elemeit egyenként mutatja be azt emelve ki, ami állandó marad az események folyamatos történésében, az elbeszélst metaiordalmi ambíciókkal indítja és vezeti. Massini tehát azért fest, hogy a képzeletet dícsérje, a fantázia legmagasztosabb víziójára hagyatkozzon. Ez a munkáját egyre inkább a festészet felé tereli és a formai tökéletességre, az anyagok tisztaságára, a technika tökéletesítésére irányuló véget nem éro kutatás felé. 1995 -tol kezdodoen az alkotó festoi munkásságára, impozáns, felséges festoi muvek jellemzok, mely utóbbiak elofutárai a késobbiekben megvalósított munkáinak. A régebbi idoszakban az alakok ábrázolása sokkal stilizáltabb volt mint a késobbiekben készült alkotásokban, felület kidolgozása alkalmasabb a színek rétegezodésére, s ezt mésszel éa festékkel éri el, különleges módszerrel. Így a színek egymásra kerülnek, de a tárgy nem a felület maga, a figurát a rajz adja meg, amely vékony kontúrt jelent a háttér tonalitásával szemben. Ennek eredménye az, hogy az elore meghatározott környezetek is azt erosítik, hogy minden dolog egy másik dolog valószeru emléke, annal sajátos látványa.
A soha nem látogatott, hihetetlenül lehetetlen helyek elképzelt citációi megláttatják velünk az ismeret racionális fejlodését, ezért tehát miután számunkra lehetetlen kódok bevezetésével kibelezte és analizálta a muvészet, az irodalom, a minket körülvevo világ történetét, minden utalást megtisztít, hogy kisajátíthassa magának és hogy egyedivé tegye annak érdekében, hogy kiemelje belole ahozzá tartozó könyörtelenséget, súlytalanságot, könnyedséget, mivel csakis ebbol gyujti össze magának a mu megalkotásához szükséges vitalitást.
Ez a fajta dombormu a reneszánsz szobrászi kísérletekre emlékeztet, ahol a felület sima, szinte tükörszeru, vagy a 18.századi venetói villák stukkóira és márványszeru megoldásaira, ahol az eros toalitás a jellemzo, ahol a "vörös" szín gyakran ismétlodik az ábrázolásban és olykor a háttérben is, s ugyanazt a melegséget árasztja, mint a pompeji vörös. Mindenfajta utalások vibrálnak ebben a három "szobában", minden varázslatosan mozdulatlan, gravitáció nélküli urben lebego, pedig van benne alakábrázolás és van benne perspektíva, minden egy fuvallara vár, egy olyan leheletre, amely az alig nyitott ajkak közül indul ki, hogy meglengesse ezeket a furcsa lámpákat, ezeket a lógó elemeket, hogy megmozgassa a lakkozott virágok szirmait.
Egyszerre énekli meg, mutatja be zelragadó és normális fejlodési folamatot, ami a problémát mozgatja, az esemény kivárja a szükséges idot, hogy a legvilágosabb arányokat felvegye, a felidézés tükrözi a határait. Massimini meglepetések, elore nem látható események figyelmes alkotója, minthogy jól olvasható a projekt lehetséges és folyamatos változása, amely hol hol redundáns, hol lényegre szorítkozó, de mindig abszolút mentes a mértékletességtol. A fény a képek világos és sötét fokozatai és a muvek transzparenciája között hullámzik. Ezek a muvek alkotják a budapesti Metastorica (Metatörténelem) c. kiállítást. A nagy átlátszó kalitkák képeznek egy olyan üvegszeru anyagot, amely az ötvösmuvesség finom kámeakövére és a drága angol porceánokra emlékeztet. Ezek valójában "varsák" (kelepcék), azon, "lelkek" agy tartói, amelyekrol még nem tudjuk, hogy a levegoben vagy a sebes folyású folyók hullámain fognak lebegni. Lehet, hogy ez is inkább meglepetés, minthogy a kortárs muvészetben az igazi szereplok úgyis mi magunk vagyunk: mi, akik megfordulunk ezekben az emlékeket idézo tereben, akik elmerülünk ezekben a velünk született emlékeknek a színes fényében, akik hallgatjuk annak a zenének a hangjait, amely az öröm intenzitását fejezi ki.

Alice Rubbini