Il mio amore per l'Italia fra storia, lingua e mondo classico

Szerelmem tárgya az olasz ókor, a nyelv és a történelem

La mia porta d'ingresso nella cultura italiana è stata la lingua latina. Le radici di questo mio amore risalgono presumibilmente ad una discussione di famiglia: quale lingua straniera avrei dovuto studiare al liceo, oltre al tedesco che parlavamo già in casa. Fu presa in considerazione ogni lingua esistente. Mia madre sosteneva che i malati purtroppo non mancheranno mai, e che ci sarà sempre bisogno di medici; mi consigliò pertanto di iscrivermi alla classe di biologia. Mio padre le diede ragione. Nella classe di biologia si poteva scegliere il tedesco o il latino. Poiché il tedesco lo conoscevo già, optai per il latino.
Ho amato molto il latino, benché in verità mi fosse inusuale studiare una lingua in cui non potevo esprimermi oralmente, essendo io abituato a passare agevolmente da una lingua all'altra. Mi fu naturale sostenere l'esame di maturità in latino, cosí come scegliere il latino come seconda specializzazione universitaria accanto alla storia. All'universitá Eötvös leggemmo tutte le opere di Virgilio e di Orazio in latino, ogni giorno per sette o otto ore. Sono grato alla sorte di averlo fatto allora, poiché, conoscendo le abitudini degli intellettuali ungheresi, sono sicuramente pochi i quarantenni che si concedono il lusso di leggere l'Opera Omnia di Orazio, per di piú in latino.
L'Italia è rimasta tuttavia per molto tempo solo una lettura. L'incontro personale si faceva ancora attendere. Chiudendo gli occhi mi immaginavo già di fronte al Foro o alla Curia; con grande precisione avrei potuto dire come arrivare al tempio di Vesta, all'arco di trionfo di Tito, o alla Basilica Emilia. Io però non ci ero mai stato. Ho visto Roma per la prima volta da studente universitario con mia moglie, anche lei studentessa di latino, zaino in spalla e pochissimi soldi in tasca, secondo le usanze di allora. Fra parentesi, nelle nostre due persone si erano sposate due lauree "negoziabili", una latino-ungherese e l'altra storico-latina; o almeno così ci vedevano sul mercato del lavoro... Sedevamo sulle scale della Basilica Emilia sapendo perfettamente in quale direzione si trovava il Campidoglio, il Palatino, l'Arco di Costantino, il Colosseo o la Lapis Niger. Facevamo a gara nell'indovinare quanti passi avrebbero potuto essere fin lì: cinquanta o duecento? In teoria conoscevamo quei luoghi come le nostre tasche, ma in realtà non avevamo mai messo piede sulle quelle pietre. Quale esperienza fu percorrere la Via Sacra... Nonostante io abbia molta considerazione per il mio stomaco, di Lucullo non mi era mai venuto in mente il manuale di cucina, bensì i tre trionfi. Sono molti quelli che scrivono libri di cucina, i tripli trionfi sono invece prerogativa di pochi.
In seguito sperimentai anche la "meditazione dei passi". Avevo insegnato così a lungo dei pellegrinaggi a Roma che sentii l'esigenza di entrare in quelle sette chiese in cui, secondo la tradizione, a partire dal Medioevo durante gli anni santi si ottiene la remissione dei peccati. Naturalmente intrapresi il pellegrinaggio non per la remissione dei peccati ma per assecondare la mia natura di storico: dovevo sentire con i miei piedi che cosa vuol dire camminare da San Lorenzo fuori le Mura fino a Santa Maria in Trastevere, oppure scendere da San Pietro a Santa Maria Maggiore, per non parlare poi di San Paolo fuori le Mura. Scelsi il percorso medievale e mi resi conto che era davvero molto quello a cui i poveri dovevano adempiere affinché gli venissero perdonati i peccati. Io, invece, con questa esperienza sulle spalle (o, meglio, sui piedi) in seguito fui in grado di esporre nei collegi speciali con molta piú immedesimazione.
Corsi avanti nel tempo. Insieme al latino giunsero altre malie. Mi interessai sempre più all'Europa del XVI e XVII secolo: la formazione degli stati nazionali, il commercio, l'economia, la politica, la storia della diplomazia, quest'ultima nata proprio in Italia. Presi a occuparmi delle città-stato italiane: la Toscana, Napoli, il Vaticano. Ebbi un interesse particolare per Parma. Lessi molti rapporti diplomatici del XVI e XVII secolo in italiano, che allora era la lingua della diplomazia. Parallelamente a tutto ciò per due anni e mezzo frequentaii le lezioni dell'Istituto Italiano di Cultura di Budapest, dove l'insegnante parlava l'italiano
a un livello intermedio, per cui si rese opportuno che io imparassi la sua lingua.
Lo storico e il latinista che sono in me si sono trovati subito in perfetto accordo in Italia. Il tipo di cultura che si percepisce attraverso una parte della storia per il tramite del latino è chiaramente idealizzata: è la cosiddetta età dell'oro, ovvero il periodo che intercorre dai trent'anni precedenti la nascita di Cristo fino al secolo successivo. Ciononostante gli italiani di oggi non mi hanno deluso. Mi ha stupito invece constatare quante sfumature esistano all'interno della mentalità italiana, quanto sia diverso parlare con un lombardo, un pugliese, un toscano o un siciliano. Mi ha preso l'entusiasmo proprio dello straniero che parla l'italiano. Conosco più lingue, ma raramente ho provato quella sensazione altrove.
Nella metà degli anni Novanta ho potuto trascorrere un periodo di tempo relativamente lungo in Toscana dedito alla ricerca delle relazioni fra l'Ungheria e Firenze, quasi un intero anno all'interno di un soggiorno di due. Ho trovato l'archivio intatto, inviolato, un'esperienza davvero rara per un ricercatore ungherese. Non ero abituato al fatto di trovare un indice, contenente dei numeri, ai quali corrisponde del materiale. In Ungheria gli indici sono generalmente rimasti, i numeri forse, il materiale invece... Delle fonti scritte della nostra storia circa l'ottantacinque percento è andato distrutto durante i tumulti e le tempeste del nostro tempo. Mi si è aperto davanti agli occhi un incredibile sistema di relazioni, che sono felice di aver messo per iscritto e di aver filmato: più di mille toponimi ungheresi figurano negli scritti dei fiorentini; centinaia di toscani morirono eroicamente nella guerra di liberazione ungherese contro i turchi; una rete di informazioni costruita a Firenze funzionò in Ungheria da Nagyvárad a Kassa, da Eperjes a Sárvár. Ho trovato più di quattrocento lettere che la famiglia Báthory scambiò con i Medici. E' interessante notare che se oggi siamo in grado di raggiungere Firenze in poche ore, a quel tempo le persone avevano una conoscenza molto piú profonda del reciproco pensiero. Da questo punto di vista il XX secolo ha ben poco di cui vantarsi; c'è forse una vaga speranza per XXV secolo.
Mi sono talmente innamorato dell'Italia che se non potessi passeggiare lungo Corso Vittorio Emanuele, fermarmi di fronte al Gesú o entrare nel Colosseo almeno una volta l'anno ne proverei certamente un dolore fisico. Fortunatamente ciò non è avvenuto nell'ultimo decennio. Da un anno e mezzo non solamente posso trastullarmi nella veste di ricercatore e "italomane", ma ufficialmente ho fatto propria la responsabilitá delle relazioni italo-ungheresi diventando membro del governo in qualitá di Ministro della Cultura.
Ho la sensazione che mentre la civiltà diventi sempre più uniforme, la cultura rimanga invece unica e specifica. Mirabile e interessante è constatare che i valori sorgono laddove le culture trasversali incontrano una coordinazione efficiente. Io lavoro affinché nascano dei valori sempre piú consistenti.


Istvan Hiller

 

A latin nyelv kapuján léptem be az itáliai kultúrába. A szerelem gyökerei feltehetoen egy családi vitáig nyúlnak vissza. Milyen idegen nyelvet tanuljak majd a gimnáziumban? - mármint a németen kívül, amelyen mi otthon elég gyakran beszéltünk. Szinte majdnem minden élo nyelv felmerült a vita során. Édesanyám viszont azzal érvelt, hogy beteg emberek sajnos mindig lesznek, ezért orvosra mindig szükség lesz, válasszam tehát a biológia tagozatot. Édesapám igazat adott neki. A biológia tagozat mellé viszont németet vagy latint lehetett választani. Mivel németül már tudtam, a latin mellett döntöttem.
Nagyon megszerettem a latint, noha igazán szokatlan volt olyan nyelvet tanulni, amelyen élo beszéddel nem fejezhettem ki magam, hiszen korábban megszoktam, hogy egyik nyelvrol a másikra váltok. Természetes volt számomra, hogy latinból érettségizzek, mint ahogy az is természetes volt, hogy egyetemi szakpárként a történelem mellé a latint válasszam. Eötvös-kollégistaként bizony napi hét-nyolc órát olvastuk latinul Vergilius és Horatius összes muvét. Köszönöm a sorsnak, hogy mindezt akkor megtehettem, mert ahogy most elnézem a magyarországi értelmiség idobeosztását, bizony kevés negyvenéves engedheti meg magának, hogy Opera Omnia Horatiae-t olvasson, ráadásul latinul.
Ám hosszú ideig csak olvasmányélmény maradt Itália. A személyes találkozás még váratott magára. Holott ha becsuktam a szememet, és odaképzeltem magam a Forumra a Curia elé, akkor hajszálpontosan meg tudtam mondani, merre kell menni ahhoz, hogy a Vesta-szüzek templomához érjek, vagy hogy miképp jutok el Titus diadalívéhez vagy a Basilica Emiliához - de még sosem jártam ott. Eloször hátizsákos egyetemista turistaként jutottam el Rómába a szintén latin szakos feleségemmel, még az akkori fogalmak szerint is legendásan kevés pénzbol. (Csak zárójelben: személyünkben két "piacképes" diploma házasodott össze, egy magyar-latin és egy történelem-latin szakos, csak úgy vadásztak ránk a munkaeropiacon…) Leültünk a Basilica Emilia lépcsojére, és csukott szemmel is tudtuk, melyik irányban van a Capitolium, a Palatinus, Constantinus diadalíve, a Colosseum vagy a Lapis Niger. Ezért inkább úgy versenyeztünk, hogy vajon hány lépésre lehet? Ötven vagy kétszáz? Hiszen elméletben úgy ismertük a környéket, mint a tenyerünket, de lábunk még sosem érintette azokat a köveket. Micsoda élmény volt végigmenni a Via Sacrán… Bár nagyon szeretem a hasamat, Lucullusról sosem a szakácskönyv jut eszembe, hanem a három triumfus. Szakácskönyvet sokan írtak, de háromszoros triumfust nagyon kevesen tartottak.
A "léptekkel átérzést" késobb is gyakoroltam. Oly sokáig tanítottam a római zarándokjárást, hogy úgy éreztem, nekem is be kell járnom azt a hét templomot, amelyet ha valaki a középkortól kezdodo hagyomány szerint a szentévekben bejárt, akkor bunbocsánatot nyert. Természetesen nem a bunbocsánat, hanem történész mivoltom miatt zarándokoltam: éreznem kellett a lábaimban, mit jelent a San Lorenzo fuori le Murából átmenni a Santa Maria inTrasteverébe, vagy pedig a San Pietróból lemenni a Santa Maria Maggioréhoz, hogy a San Paolo fuori le Muráról ne is beszéljek. Középkori útvonalat választottam magamnak, így átéreztem, hogy szegényeknek bizony sokat kellett teljesíteniük, hogy bunbocsánatot nyerjenek. Én pedig ezzel a tapasztalattal a hátam mögött - vagy a lábamban? -- késobb az egyetemen sokkal nagyobb átéléssel tudtam eloadni a speciális kollégiumokon.
. De eloreszaladtam az idoben. A latin után más hatások is értek. Egyre inkább érdekelt a 16-17. századi Európa: a nemzetállamok kialakulása, a kereskedelem, a gazdaság, a politika és a diplomáciatörténet, ami Itáliából indult. Egyre többet foglalkoztam Itália városállamaival: Toszkánával, Nápollyal, a Vatikánnal. Rendkívül érdekelt például Párma. Így aztán egyre többet olvastam 16-17. századi olasz nyelven diplomáciai követjelentéseket, hiszen a diplomácia nyelve akkoriban az olasz volt. Mindezzel párhuzamosan két és fél évig intenzív olasz nyelvtanfolyamra jártam a budapesti Olasz Kultúrintézetbe, ahol olasz anyanyelvu tanárom csak közepesen tudott magyarul, következésképpen illett rendesen megtanulni az o anyanyelvét.
A bennem lakozó történész és a latinista elég gyorsan egymásra talált Itáliában. Nyilván idealizált az a fajta kultúra, amit az ember a latin nyelven keresztül kap a történelem egy szeletérol, leginkább az úgynevezett aranykorról, vagyis a Krisztus elotti harminc évrol és az azt követo évszázadról, de ennek ellenére nem csalódtam a mai olaszokban. Az viszont meglepetett, hogy mennyi árnyalat létezik az olasz mentalitáson belül. Hogy mennyire más egy lombard emberrel beszélni, mint egy apuliaival, toszkánnal vagy szicílaival. Megkapott az olaszul megszólaló külföldinek kijáró lelkesedés. Több nyelven beszélek, mégis ritkán éreztem ezt a fajta lelkesedést másutt a világban.
A kilencvenes évek közepén viszonylag hosszú idot tölthettem a firenzei magyar kapcsolatok kutatásával a toszkán székhelyen, két év leforgása alatt majdnem egy évnyit. Ép, sértetlen levéltárat találtam - ilyesmit magyar kutató ritkán tapasztal. Én sem voltam ahhoz hozzászokva, hogy ott a mutató, abban van egy szám, és mögötte ott az anyag is. Nálunk általában a mutatók megmaradtak, a szám már nem annyira, az anyag pedig… történelmünk írott forrásainak hozzávetolegesen nyolcvanöt százaléka elpusztult a történelem viharaiban. Hihetetlen kapcsolatrendszer bontakozott ki elottem, örülök, hogy még akkor írásba foglaltam, sot filmet is csináltam belole. Több mint ezer magyar helységnév szerepel firenzei emberek írásaiban, több száz toszkán ember halt hosi halált hazánk felszabadításáért a török ellen vívott háborúban, firenzei informátorhálózat muködött Magyarországon Nagyváradtól Kassán, Eperjesen keresztül Sárvárig, több mint négyszáz olyan levelet találtam, amelyet a Báthory család váltott a Mediciekkel. Ekkor kezdtem gondolkodni azon, hogy bár ma néhány órán belül eljuthatunk Firenzébe, akkoriban mégiscsak jobban ismerték az emberek egymás gondolkodásmódját. Ebbol a szempontból nem nagyon dicsekedhet a huszadik század - van tehát még mit tenni a huszonegyedikben.
Itáliát annyira megszerettem, hogy fizikális fájdalmat éreztem, ha évente egyszer nem járhattam a Corso Vittorio Emauelén és nem állhattam meg az Il Gesú elott, vagy nem léphettem be a Colosseumba. Ez az utóbbi évtizedben szerencsére már nem fordult elo. Az utóbbi másfél-két évben pedig már nemcsak kutatóként és italomán emberként rajongok, hanem politikusként - különösen amióta kulturális miniszterként a kormány tagja vagyok -- hivatalosan is felelosséget érzek az olasz-magyar kapcsolatokért.
Úgy érzem, miközben egyre jobban uniformizálódik a civilizáció, annál inkább sajátos, specifikus marad a kultúra. Ezeknek a vonzó és érdekes, egymást keresztezo kultúráknak a találkozásaiból jó koordinációval érték jön létre. Én azon dolgozom, hogy minél tartalmasabb értékek szülessenek.

Istvan Hiller