Quando i sogni non muoiono all'alba / Hajnal múltán is élo álmok

E' come l'amore eterno. Nato durante l'infanzia, il mio affetto per l'Italia dura ancora oggi.
Avevo compiuto dieci anni quando in un luminoso giorno di settembre mi accomiatai dai miei genitori a Pannonhalma. Non c'è dubbio che la basilica consacrata nel 1001 e il monastero sorto sulla collina di San Martino attenuarono di molto la pena dell'addio: in quel momento e in quel luogo mi resi conto che da allora in poi sarei stato uno studente interno della scuola. Le cure paterne mi indirizzarono senz'altro in una delle scuole d'élite piú prestigiose del Paese, il Liceo Italiano dell'ordine benedettino. Un conoscente fidato dei miei genitori, l'abate Krizoszton Kelemen, membro del consiglio scolastico, non a caso ce lo aveva consigliato. A quel tempo i benedettini, così come la maggior parte del clero cattolico, osservavano con preoccupazione la sempre più palpabile diffusione della cultura tedesca nazista. Alla fine degli anni Trenta, con il consenso delle istituzioni culturali ungheresi, si decise di prendere una contromisura: il punto di riferimento sarebbe stato non Berlino ma Roma e con il pretesto di una tradizione di relazioni con l'Italia che durava da un millennio sarebbe stata fondata una scuola per la diffusione della cultura italiana.
Ben presto giunsero gli insegnanti dall'Italia, gli indimenticabili Albo Centoni e Luigi Leoncini. Non sapevano una parola di ungherese, e noi del resto non sapevamo l'italiano. Come pappagalli ripetevamo didascalie di quadri e statue; dopo un anno avevamo fissato varie parole e conversavamo nella lingua di Dante e di Petrarca.
Nel 1947 il liceo, fondato nel 1940 e ultimato nel 1943, rilasciava a noi allievi la maturità ungherese e italiana, rendendoci forti di una conoscenza e di una tempra morale che ci avrebbe permesso di superare le prove più ardue nei tempi più bui. Eravano stati educati alla tolleranza, all'umiltà, alla coscienza nazionale, al rispetto e all'amore reciproco.
Volevo fare il diplomatico fin da bambino. Grazie a Rodolfo Mosca, allora direttore dell'Istituto Italiano di Cultura, responsabile culturale dell'ambasciata, non molto tempo dopo la maturità e contemporaneamente all'iscrizione alla facoltà di economia di Budapest, ebbi accesso alla rappresentanza diplomatica in via Bródi Sándor, oggi sede dell'Istituto. Era allora ambasciatore Giorgio Benzoni, Adalberto Struzziero era il suo primo subordinato. Mi fu assegnato l'incarico di curare la rassegna stampa. Grazie a loro non solo ebbi modo di conoscere la vita diplomatica, ma due semestri dopo potei frequentare con una borsa di studio l'Università degli Stranieri di Perugia.
Il breve governo di coalizione in Ungheria ebbe fine. Nell'autunno del 1948, non appena feci ritorno a casa da Perugia, una notte venni svegliato dal suono del campanello. Uomini di truce aspetto battevano impetuosamente alla porta: erano gli uomini della ÁVÓ, la polizia politica. Perquisizione della casa, poi la partenza su una vecchia Pobjeda per il numero 60 di viale Andrássy. Il copione dei processi sommari fu rispettato fedelmente anche nel mio caso. L'accusa parlava di "spionaggio e alto tradimento perpetrato a favore di uno stato straniero, partecipazione a cospirazione armata contro le deliberazioni della repubblica popolare etc." Naturalmente non una parola dell'accusa si reggeva in piedi, ma allora ciò non contava. Sembra però che io sia nato sotto una buona stella: un parente di alto rango di un mio compagno di scuola, e allora anche mio compagno di prigionia, mi salvò.
Negli anni Cinquanta dovetti dire temporaneamente addio all'Italia. Mi dedicai allora nostalgicamente alla Divina Commedia di Dante, l'unico libro in lingua italiana che aveva eluso l'attenzione dei miei solerti perquisitori.
Nelle ore più drammatiche della rivoluzione del 1956 l'Italia corse di nuovo in mio aiuto. Trascorsi la notte fra il 3 e il 4 novembre presso la villa di Pál Maléter a Buda. Ero amico del ministro della difesa cosí come della famiglia di sua moglie. Nella sera di sabato, i sovietici aspettavano Maléter in qualità di capo di una delegazione popolare a Tököl per continuare le trattative iniziate in mattinata a proposito della ritirata dell'Armata Rossa. Maléter salutò la moglie Judit e la cognata Mária e le affidò alla mia protezione. Ci svegliammo il giorno seguente all'alba al suono di tremende cannonate: i sovietici erano tornati. L'annuncio alla radio di Imre Nagy non fece sperare in nulla di buono, Maléter e i suoi erano caduti in trappola. Provai a telefonare, forse l'ambasciatore italiano avrebbe potuto dare asilo alla signora Maléter. Chiamai per prima la residenza privata in via Donáti. L'ambasciatore Fabrizio Franco era rimasto bloccato all'ambasciata, seppi dalla domestica. Seconda telefonata, all'altro capo rispose l'ambasciatore italiano. Gli esposi la situazione e l'ambasciatore mi chiese di pazientare per mezz'ora, affinché potesse parlare della questione con Roma. I minuti si trascinavano. La mattina alle sette giunse la rassicurante risposta: "La signora Meléter è attesa presso la residenza privata dell'ambasciatore". Ma come arrivare ai piedi del Palazzo Reale dalla collina di Márton? Ci rivolgemmo a un vecchio amico, il maggiore Antal Pálinkás Pallavicini, il liberatore dell'arcivescovo József Mindszenty, che giunse in meno di mezz'ora a bordo di una jeep militare. Intorno alle otto ci fermammo con la signora Meléter di fronte alla residenza dell'ambasciatore della Repubblica italiana in via Donáti.
Ci sono altri episodi sui miei rapporti con l'Italia, uno di questi riguarda l'amico romano Ruggero Orfei, scrittore cattolico e giornalista. Alla fine degli anni Sessanta parlavamo nel suo appartamento di Roma di quale forma organizzativa dare ai rapporti fra Italia e Ungheria. Ed ecco l'idea: convocare un forum permanente di intellettuali italiani e ungheresi. Meraviglia delle meraviglie, l'idea ebbe via libera anche a Budapest. Il primo incontro si tenne in Ungheria nel tardo autunno del 1969. Da Roma giunsero a Budapest il senatore democristiano Luigi Granelli e il rappresentante del partito Carlo Fracanzani, cosí pure alcuni politici socialisti, repubblicani e comunisti. La delegazione ungherese era formata da rappresentanti del fronte popolare, economisti, personalità della vita culturale e giornalisti. Il forum rimase in vita fino alla firma della Carta di Helsinki nel 1974; fino ad allora ci incontrammo regolarmente più volte l'anno. Sono tuttora convinto che questo forum sia stato un punto di riferimento importante in Europa durante la Guerra Fredda, perché momento di incontro fra intellettuali italiani e ungheresi che pensarono già allora ad un futuro in comune.
Andavo spesso a Roma in qualità di corrispondente speciale della redazione dell' "Esti Hírlap", poi diventato "Magyar Hírlap". Fra gli anni Settanta e Ottanta scrissi più di cento articoli sulle elezioni italiane; riferivo dei congressi della DC come ospite dei democristiani. Parlai del caso Moro, della lotta alla mafia, delle azioni terroristiche degli anni di piombo.
Risale ad allora l'amicizia con Italo Borzi, che all'epoca era direttore dell'ufficio stampa di Palazzo Chigi. Famoso dantista, De Gasperi lo chiamò per lavorare presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, dove successivamente divenne sottosegretario per ritirarsi infine in pensione. Abbiamo suggellato la nostra amicizia nell'appartamento all'EUR, a Velletri, all'ombra degli alberi della sua residenza estiva degustando i vini di sua produzione.
Nel 1992 ho lasciato l'incarico di caporedattore del settimanale "Ungheria" per prestare servizio presso il Ministero degli Esteri. Sono stato nominato console generale di Milano, a capo di otto regioni dell'Italia settentrionale, il territorio più ricco, da cui ci sono provenuti numerosi investimenti. Gli anni felici di Milano mi hanno regalato preziose amicizie. Al Piccolo Teatro mi incontravo spesso con Giorgio Strehler, regista geniale; insieme abbiamo messo in scena le opere del teatro di József Katona.
Ho conosciuto Indro Montanelli, scoprendo con gioia nella sua stanza di caporedattore de "Il Giornale" che il decano del giornalismo italiano usava una macchina da scrivere portatile. Su mia proposta, proprio nel giorno del suo compleanno ricevette ufficialmente nel mio ufficio le piú alte onorificenze dello Stato d'Ungheria per i suoi articoli sulla rivoluzione ungherese del 1956 e per l'opera teatrale "I sogni muoiono all'alba". Ero orgoglioso di quella amicizia. Andai a visitare Montanelli per l'ultima volta nel febbraio del 2001, in occasione della presentazione del progetto Széchenyi a Milano.
Non sono mai stato infedele all'Italia. Da quando risiedo nel mio Paese ho fondato il giornale "Il Fiorino" della Camera di Commercio Italiana in Ungheria, ho scritto un libro sul passato e sul presente dell'Italia, della sua vita sociale, economica e artistica.
Perché l'amore eterno dura fino alla tomba.


Dénes Gyapai

Olyan ez, mint az örök szerelem. Gyermekkorban kezdodött, s máig is tart vonzalmam Itália iránt.
Tíz éves múltam, amikor egy verofényes szeptemberi napon szüleimtol elbúcsúztam Pannonhalmán. Mi tagadás, az 1001-ben fölszentelt bazilika és a Szent Márton hegyén emelt monostor vajmi kevéssé mérsékelte a búcsúzkodás gyötrelmét: ott és akkor döbbentem rá, hogy ezentúl az internátus lakója leszek. Igaz, az ország egyik legelokelobb elit iskolájába, a Szent Benedek-rend Olasz Gimnáziumába vezérelt a szüloi gondviselés. Szüleim jó ismerose, Kelemen Krizoszton foapát, a forendiház tagja nem véletlenül ajánlotta az iskolát. Akkoriban a bencések - akárcsak a katolikus papság túlnyomó többsége - aggódva figyelték a mindinkább érezheto német - náci - kulturális térhódítást. A harmincas évek végén a magyar kulturális kormányzattal egyetértésben ezt ellensúlyozandó határozták el: Berlin helyett Róma felé fordulnak, az ezeréves olasz kapcsolatok ürügyén alapítanak iskolát Itália kultúrájának terjesztésére.
Nemsokára megérkeztek olasz tanáraink: a feledhetetlen Albo Centoni és Luigi Leoncini. Ok egy kukkot sem beszéltek magyarul, mi viszont nem tudtunk olaszul. Mint kis papagájok mondtuk utánuk az olasz szövegeket képekrol, szobrokról, és egy év után már összefuztük a szavakat, társalogtunk Dante és Petrarca nyelvén.
Az 1940-ben alapított, s 1943-ra fölépült gimnázium 1947-ben magyar és olasz érettségivel bocsátotta útra diákjait. Olyan tudással és erkölcsiséggel fölvértezve, amely a legnehezebb idokben is kiállta a próbát. Toleranciára, alázatra, nemzeti öntudatra, egymás iránti tiszteletre és szeretetre neveltek.
Gyermekkoromban diplomatának készültem. Hála Rodolfo Moscának, az Olasz Kultúrintézet akkori igazgatójának, a követség kulturális attaséjának, nem sokkal az érettségi után - párhuzamosan beiratkozásommal a budapesti közgazdaságtudományi egyetemre - fölkereshettem a diplomáciai képviseletet a Bródy Sándor utcában, ahol ma az Istituto székel. Giorgio Benzoni volt a követ, Adalberto Struzziero, az elso beosztott. A napi sajtószemlék elkészítése lett a feladatom. Nekik köszönhetem, hogy nemcsak a diplomáciai élettel ismerkedhettem meg, hanem két szemeszteren át, olasz ösztöndíjjal a Perugiai Külföldiek Egyetemének is hallgatója lehettem.
A rövid ideig tartó koalíciós kormányzásnak Magyarországon csakhamar vége szakadt. 1948 oszén, alighogy hazatértem Perugiából, egy éjjel csengoszóra ébredtem. Marcona férfiak hömpölyögtek be az ajtón, a politikai rendorség - az ÁVÓ - emberei. Házkutatás, aztán egy ócska Pobedával indulás az Andrássy út 60-ba. A koncepciós perek dramaturgiája az én esetemben is tökéletesen muködött. A vád valahogy úgy hangzott, hogy "külföldi állam javára folyamatosan elkövetett kémkedés és hazaárulás, a népköztársaság megdöntésére irányuló fegyveres összeesküvésben való részvétel, stb., stb". Persze a vád egyetlen szava sem állta meg a helyét. Ám ez akkoriban nem számított. De úgy látszik, szerencsés csillagzat alatt születtem. Egy iskolatársam, mellesleg vádlott társam, rendkívül magas beosztású rokona megmentett.
Az ötvenes években átmenetileg búcsút kellett mondanom Itáliának. Nosztalgiaként leginkább Dante Divina Commediáját forgattam, az egyetlen olasz nyelvu könyvet, amely a buzgó házkutatók figyelmét elkerülte.
Az 1956-os forradalom legdrámaibb óráiban ismét Itália sietett segítségemre. November harmadikáról negyedikére virradó éjszaka Maléter Pálék budai villalakásában tartózkodtam. Barátság fuzött a honvédelmi miniszterhez éppúgy, mint felesége családjához. Szombat este Malétert népes küldöttség élén Tökölre várta a szovjet vezetés, hogy a Vörös Hadsereg kivonulásáról folytassák a délelott megkezdett tárgyalást. Amikor búcsút vett Judittól, a feleségétol, ot és sógornojét, Máriát oltalmam alá helyezte. Másnap hajnalban iszonyú ágyúzásra ébredtünk, a szovjetek visszatértek. A rádióban Nagy Imre felhívása semmi jóval nem biztatott, Malétert és társait torbe csalták.
Megpróbáltam telefonálni, hátha az olasz követ - akit ugyan nem ismertem - menedéket nyújt Maléternénak. Elobb a Donáti utcai rezidenciát hívtam. Franco Fabrizio követ úr a követségen rekedt, mondta a háztartási alkalmazott. Újabb telefon, a vonal végén az olasz követ. Elmondom, mirol van szó, a követ fél óra türelmet kér, hogy a menedékügyet megbeszélje Rómával. Vánszorognak a percek. Reggel hét óra körül elhangzik a megnyugtató válasz: "a rezidencián várják Maléterné asszonyt!" Most már csak az a kérdés, hogy a Márton-hegyrol hogyan jutunk el a Vár tövébe? Régi jóbaráthoz fordulunk: Pálinkás - Pallavicini - Antal páncélos ornagy, Mindszenty József hercegprímás kiszabadítója fél órán belül megérkezik egy katonai jeepen. Maléter Judittal nyolc óra tájban fékezünk az olasz köztársaság követének Donáti utcai rezidenciája elott.
Még néhány epizód olasz kapcsolataimból. Római barátomhoz, a kituno Ruggero Orfei katolikus íróhoz és újságíróhoz fuzodik az egyik. Még a hatvanas évek végén római lakásán arról beszélgettünk, miként lehetne valamilyen szervezett formát adni a magyar-olasz
kapcsolatoknak? Megszületett az ötlet: értelmiségiekbol hívjunk létre állandó magyar-olasz fórumot. Csodák csodájára az elképzelés Budapesten is zöld utat kapott. Az elso találkozót 1969 késo oszén rendeztük Magyarországon. Rómából a kereszténydemokrata Luigi Granelli szenátor és Carlo Fracanzani képviselo, valamint a szocialisták, a republikánusok és a kommunisták néhány politikusa érkezett Budapestre. A magyar küldöttséget a népfront képviseloi, közgazdászok, a muvészeti élet személyiségei, újságírók alkották. A Helsinki Alapokmány aláírásáig, 1974-ig töltötte be hivatását a fórum, addig évente többször is, rendszeresen találkoztunk. Máig is meggyozodésem, hogy a hidegháború közepette ez a fórum fontos tényezo volt Európában, hiszen részvevoi az akkor még csak áhított közös jövorol cserélték ki nézeteiket.
Szerkesztoségem, az Esti Hírlap, majd a Magyar Hírlap különtudósítójaként gyakran jártam Rómában. A hetvenes, nyolcvanas években több száz cikket írtam az olasz választásokról, a kereszténydemokraták vendégeként beszámoltam a DC kongresszusairól. Tudósítottam a Moro-ügyrol, a maffia elleni közdelemrol, az ólom-évek terrorakcióiról. Ezekbol az évtizedekbol mindmáig orzöm Italo Borzi barátságát, aki a Palazzo Chigi sajtófonöke volt. A neves Dante-kutatót még De Gasperi nevezte ki a miniszterelnökségre, utóbb egy fontos kormányzati hivatal államtitkára lett, onnan ment nyugdíjba. EUR-beli lakásán és Velletriben, nyaralójának árnyas fái alatt, saját boraival pecsételtük meg barátságunkat.
1992-ben a Magyarország címu hetilap foszerkesztoi székébol a külügyminisztérium szolgálatába álltam. Milánói fokonzulnak neveztek ki, nyolc észak-olasz tartomány tartozott hozzám. A leggazdagabb térség, ahonnan sok-sok befekteto érkezett hozzánk. Boldog milánói éveim értékes barátságokkal ajándékoztak meg. Surun találkoztam a Piccolo Teatróban Giorgio Strehlerrel, a zseniális rendezovel, akivel közösen készítettük elo a Katona József Színház vendégjátékait. Megismerkedtem Indro Montanellivel, s örömmel fedeztem föl az Il Giornale foszerkesztoi szobájában, hogy az olasz újságírás doyenje, akárcsak jómagam, ósdi táskaírógépet használ. Javaslatomra éppen a születésnapján vehette át hivatali szobámban a magas magyar kormány kitüntetést 1956-os magyarországi cikkeiért, a magyar forradalomról írt, Az álmok hajnalban halnak (I sogni muoiono all'alba) címu drámájáért. Büszke voltam erre a barátságra: utoljára 2001 februárjában, a Széchenyi-terv milánói bemutatása alkalmából kerestem föl Montanellit otthonában.
Itáliához nem lettem hutlen. Amióta itthon vagyok, a Magyarországi Olasz Kereskedelmi Kamara "Il Fiorino" címu lapját szerkesztem, könyvet írtam Itália múltjáról és jelenérol, társadalmi, gazdasági és muvészeti életérol. Mert az örök szerelem a sírig tart.

Gyapay Dénes